I Pirati dei carabi, ovvero la saga dell’un due tre…
Dunque dunque, non è certo con chissà quali pretese da cinefilo che si va a vedere un film della Walt Disney, anche se le saghe del passato (prima tra tutte Indiana Jones), dal mio punto di vista, alivello di funzionalità e attrattiva nulla avevano di meno di un bel Signore degli anelli!
Sono andata a vedere tutti e tre gli episodi della triade (che speriamo non si accresca) di Gore Verbinski più che altro perché mi attraevano le scenografie, davvero, moltissimo e per l’idea di un Pirata che lo fosse davvero, frode fino al midollo osseo, simpatico quanto egoista. In tutti e tre i film (il secondo, per chi non lo sapesse, è La maledizione del forziere fantasma, 2005 e il terzo Ai confini del mondo, 2006) il personaggio di Johnny Depp nel ruolo di Jack Sparrow è perfetto, soprattutto in apertura al terzo, quando si trova chiuso nello scrigno del cattivissimo capitano Jones, appunto ai confini del mondo, a stretto contatto con le molteplici sfaccettature della sua mente. Un po’ folle, un po’ dandy e molto ambiguo, Sparrow è la perfetta declinazione autoironica dell’eroe e il suo è l’unico personaggio che resta coerente fino alla fine. Tutti e tre i film vivono essenzialmente della meravigliosa fotografia di Dariusz Wolski e del plusvalore spettacolare dato da tutto ciò che è pro o post filmico, dunque scenografie, costumi, effetti speciali e quant’altro, ma se il primo era interessante, il secondo insopportabile, soprattutto per la banalità dei dialoghi, i tempi morti e stramorti, l’orrenda vicenda amorosa e la pessima recitazione soprattutto di Keira Knightley (in questo film alla peggiore interpretazione), il terzo stupisce all’ennesima potenza per la rappresentazione del magnifico Olandese Volante, già nucleo essenziale del secondo episodio e fa acqua da tutte le parti per quanto riguarda la storia. Non che i risvolti narrativi non siano accettabili: la strega è in realtà la dea che catturò il cuore di Jones, dai confini del mondo si torna per ribaltamento alla realtà, si entra nel cosmopolitismo pirata, si passa dal film “arti marziali” al romantico, all’orrorifico e via dicendo, i padri vengono in aiuto ai figli, incluso lo stranissimo Keith Richards nella parte del padre di Jack, un’alta dose di spirito anarchico…insomma, le trovate c’erano e io personalmente sono rimasta sconvolta dai granchi-pietra dell’inizio (atmosfera davvero onirica), ma ad un certo punto, in tutta questa rocambolesca serie di avvenimenti, ci si accorge di non aver capito quasi nulla, si ha la netta sensazione di trovarsi a metà di Dynasty, quindi nell’infinito e ci si annoia, ci si annoia a morte. La mia opinione è che questa saga, anzi, questo film, sarebbe potuto essere, per le trovate e la fattura, un vero capolavoro, se una produzione sempre più bieca e dominata dal cattivo gusto (nonché dall’evidente necessità di vendere gadgets forse per pagare i propri attori), non avesse molto probabilmente imposto di farne tre episodi. La storia si poteva e si doveva risolvere in un unico film di massimo tre ore, con tutte le sue trovate magari concatenate meglio, in maniera più semplice, lineare e senza quella marea di scene in più, che anche un bambino di tre anni riconoscerebbe come aggiunte in maniera forzata.
Peccato, un grande, spettacolare, buco nell’acqua, di cui resteranno non i film, non l’invito alla rivolta di un certo sistema e all’anarchia, ma poche tracce, come appunto la figura di Sparrow nell’interpretazione di Depp e il mitico Olandese Volante.
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